La riconversione green dell’economia è oggi un tema centrale e l’accelerazione del percorso di transizione energetica è dettata anche dalle risorse previste dal Next Generation Eu. Gli stanziamenti per l’Italia ammontano a 209 miliardi di euro e di questi circa 75 miliardi saranno destinati a sostenere la “rivoluzione verde”. 

Ma cosa intendiamo quando parliamo di sviluppo sostenibile?

La commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo nel rapporto Brundtland già nel 1987 affermava che:

lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere le possibilità delle generazioni future”.

Oggi, alla luce dei danni che in decenni abbiamo procurato all’ambiente, possiamo capire la portata e l’urgenza di un cambiamento di rotta nel nostro modello economico e nei nostri stili di vita.

Come evidenziato da ASVIS, Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile oggi circa  3,5 miliardi di persone vivono in città. Questo numero è destinato a lievitare  fino a cinque miliardi nel 2030 ed è quindi prioritario rendere le città inclusive e sostenibili come emerge dal sesto Rapporto sulle città di Urban@it presentato in occasione di un evento online venerdì 29 gennaio.

Come si inserisce lo smart working nella sfida della “rivoluzione verde”?

Il lavoro agile, nato con l’intento di conciliare vita privata, vita professionale  e produttività aziendale,  non è stato certo pensato con l’intento dichiarato di migliorare l’impatto delle attività lavorative sull’ambiente. Nonostante questo come rilevato da Enea  l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile nell’ambito di uno studio condotto su 5.500 lavoratori e 29 pubbliche amministrazioni,  lo  smart working riduce di circa un’ora e mezza gli spostamenti giornalieri, genera un risparmio di 46 milioni di chilometri, riduce di 8mila tonnellate le emissioni di CO2, di 1,75 tonnellate le emissioni di PM10 e di 17,9 tonnellate le emissioni di ossido di azoto.

Marina Penna, una delle ricercatrici nel team di studi condotti Enea sull’impatto dello smart working sull’ambiente ha dichiarato che:  “Basterebbe anche un solo giorno a settimana di smart working per i tre quarti dei lavoratori pubblici e privati che utilizzano l’automobile, per ridurre del 20% il numero di km percorsi in un anno. In questo modo si otterrebbe un risparmio di circa 950 tonnellate di combustibile, oltre a una riduzione di più di 2,8 milioni di tonnellate di CO2, di 550 tonnellate di polveri sottili e di 8mila tonnellate di ossidi di azoto, con un significativo impatto positivo sulla salute della popolazione”.

Gli annunci di lavoro pubblicati dalle maggiori aziende di selezione e formazione come Risorse.it, registrano una richiesta crescente di lavoratori agili, e lo smart working entrerà di fatto a far parte della new normality.

Lavoratori e consumatori sono pronti al cambiamento?

Uno studio sul tema dei consumi e degli acquisti,  condotto dai professori Simona Bigerna, Silvia Micheli e Paolo Polinori del Dipartimento di Economia di Unipg, pubblicato su Technological Forecasting and Social Change,  ha individuato nei giovani cittadini pronti a promuovere una trasformazione socioeconomica radicale. In nome della sostenibilità ambientale una buona percentuale di giovani presi in esame ha dichiarato di essere disposta a pagare un prezzo più elevato per un sistema di certificazione dei prodotti basato sulla tecnologia blockchain

E per quanto riguarda gli spostamenti in città?

L’indagine “Mobilità ai tempi del Covid”, condotta fra alcune centinaia di lavoratori  dipendenti di Roma, Milano e Palermo da MUV, startup che si occupa di mobilità sostenibile, ci dice che il 50% dei lavoratori è disposto a modificare le proprie abitudini di mobilità, rinunciando all’auto privata.

I segnali sono positivi e il lavoro agile ha tutte le carte in regola per giocare un ruolo determinante nella “rivoluzione verde”!